Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali . — Per sapere
– premesso che:
il tasso di occupazione femminile in Italia, fotografato da dati Censis 2012, è sensibilmente inferiore rispetto alla media europea, essendo pari al 46,7 per cento a fronte del 58,2 per cento dell’intera Unione con percentuali ancora più alte nel Nord Europa;
a determinare tale grave situazione di ostacolo all’ingresso e alla permanenza della popolazione femminile nel mercato del lavoro contribuisce in maniera rilevante l’assenza di servizi di supporto alla maternità, a seguito della quale difficilmente è possibile per una donna tornare al precedente posto di lavoro;
a fronte di tale difficoltà, l’istituzione in seno alla legge n. 92 del 2012 del voucher per i servizi di babysitting e asilo nido pubblici o privati in favore delle madri lavoratrici ha costituito un passo in avanti. L’articolo 4, comma 24, lettera b), della legge medesima introduce infatti in via sperimentale, per il triennio 2013-2015, la possibilità per la madre lavoratrice di richiedere, al termine del congedo di maternità e in alternativa al congedo parentale, un contributo di 300 euro mensili per l’acquisto dei servizi di cui sopra. La legge istitutiva della misura ha garantito 20 milioni di euro a copertura dell’operazione per il triennio sopra indicato, capace di soddisfare, per l’anno 2013, una domanda di 11.111 contributi di importo pieno secondo quanto riportato nella relazione tecnica al provvedimento;
l’articolo 4, comma 24, lettera b) della succitata legge prevede che la madre debba richiedere detti voucher al datore di lavoro; tuttavia, il decreto del Ministero del lavoro del 22 dicembre 2012 di applicazione della predetta misura prevede all’articolo 6 che la madre presenti la domanda lei stessa presso i canali telematici istituiti dall’INPS caricandosi di tutta la fase burocratica e amministrativa conseguente, a giudizio degli interroganti, in palese contrasto con quanto previsto dalla legge. Inoltre, lo stesso decreto prevede che come sistema di voucher vengano utilizzati i buoni per il lavoro accessorio previsti dalla cosiddetta «Legge Biagi»;
come conseguenza di ciò, all’avvio sul campo della misura il contributo ha riscosso pochissimo successo come sottolineato da un articolo del Sole24ore del 28 luglio 2013 e come testimoniano le poche richieste pervenute. Ci si aspettava un «click day» e risorse esaurite in poche ore, ed invece rispetto ai potenziali 11.111 beneficiari, solo 3.762 lavoratrici, secondo dati INPS, sono state ammesse al beneficio, mentre dal punto di vista delle strutture accreditate per il servizio, secondo quanto si apprende dallo stesso articolo di stampa sopra citato, meno di un terzo degli asili pubblici o privati nazionali si sono convenzionati con lo Stato;
se aiuti a costo zero per i beneficiari restano inutilizzati, soprattutto in tempi di difficoltà economica come quello attuale, significa che qualcosa non ha funzionato. Fra i vari profili di criticità emerge senz’altro la difficile fruizione dello strumento, principalmente riconducibile a tre ragioni:
complessità generale della procedura di domanda sul sito INPS, che risulta totalmente a carico della madre anziché del datore di lavoro, unita alla difficile accessibilità alla piattaforma appositamente predisposta da INPS; in secondo luogo, emerge la difficoltà di trovare una struttura di servizi per l’infanzia convenzionata probabilmente anche a causa dei possibili ritardi di pagamento da parte della pubblica amministrazione a cui gli operatori sarebbero soggetti e che disincentivano la convenzione; infine la scarsa pubblicizzazione dell’iniziativa lasciata soltanto a comunicati stampa e siti internet, senza una adeguata promozione sui luoghi di lavoro e senza coinvolgimento di sindacati e associazioni datoriali;
l’utilizzo dei buoni di lavoro accessorio, in luogo di altri voucher specifici già utilizzati con successo in molte regioni ed enti locali (come la dote scuola lombarda, il bonus bebé di regione Piemonte e Lazio, e altro) non permette il controllo e la tracciabilità della spesa, potendo essi essere utilizzati anche per prestazioni diverse da quelle di babysitting senza possibilità di limitazione da parte dei beneficiari del voucher e non garantendo che le somme stanziate dalla pubblica amministrazione siano spese effettivamente per lo scopo richiesto;
il bonus è previsto anche nel 2014 e nel 2015, l’obiettivo non può che essere quello di un salto di qualità per i due anni rimanenti –:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per rendere maggiormente efficienti le procedure di assegnazione e fruizione del contributo, dati anche i finanziamenti già previsti e come si intenda utilizzare la quota stanziata e non spesa nell’annualità in corso;
se lo strumento del buono per il lavoro accessorio non debba essere sostituito dal voucher — come del resto è previsto espressamente dalla legge — che garantisce la finalizzazione soltanto per l’utilizzo presso le babysitter o i servizi per l’infanzia, come già avviene da anni in molte regioni ed altre realtà nazionali;
quali iniziative intenda adottare per garantire una maggior facilità di utilizzo, fruibilità e spesa da parte dei beneficiari;
quali iniziative intenda adottare per aumentare la capillarità degli istituti convenzionati e garantire il coinvolgimento del cosiddetto «privato sociale».
D’Incecco (primo firmatario), Lenzi, Capone, Casati, Carnevali, Sbrollini, Iori
Interrogazione a risposta scritta presentata il 24 ottobre 2013