Per combattere la povertà in Italia non serve inseguire la chimera di un fantomatico Reddito di cittadinanza di cui, al di là degli annunci, non sono affatto chiari obiettivi, strumenti e soprattutto coperture economiche. Lo strumento adatto c’è già. Occorre solo rafforzarlo e perfezionarlo. Si chiama Reddito di Inclusione (ReI).
La mozione presentata il 27 giugno dal PD, a prima firma Elena Carnevali, chiede al Governo di non disperdere i risultati raggiunti fin qui e di procedere su questa strada, realistica ed efficace, dando continuità all’applicazione del Reddito di Inclusione e potenziandolo nella sua architettura: è questo l’obiettivo dell’apposita proposta di legge, presentata il 4 giugno dal presidente del Gruppo dei deputati PD Graziano Delrio e da altri deputati, tra i quali il segretario Maurizio Martina.
Al momento dell’istituzione del Rei (attraverso la legge n. 33 del 15 marzo 2017) per potere beneficiare di questa misura era necessario che all’interno del nucleo familiare fosse presente almeno uno tra questi requisiti: un componente di minore età; una persona con disabilità e almeno un suo genitore o tutore; una donna in stato di gravidanza; un componente di almeno 55 anni con specifici requisiti di disoccupazione. Tuttavia a decorrere dal 1° luglio 2018 sono stati superati i requisiti familiari, permettendo così al ReI di diventare una misura selettiva (perchè sulla base del reddito) ma effettivamente universale a sostegno delle famiglie.
Il Reddito di Inclusione non è una misura puramente assistenziale ed è più di uno strumento di sostegno al reddito: è un progetto per l’autonomia, è una concreta opportunità di attivazione sociale e lavorativa. Si articola infatti in due parti: un beneficio economico erogato ogni mese attraverso una carta di pagamento elettronica (la Carta ReI) e una serie di servizi alla persona, con l’impegno dei soggetti interessati – per poter ottenere il beneficio – a svolgere un percorso finalizzato proprio all’inclusione sociale e lavorativa.
Già nei primi mesi del 2018 il Reddito di Inclusione “ha dato buona prova di sé – come affermato nella relazione annuale del presidente dell’Inps –, riuscendo a raggiungere già nei primi 5 mesi un totale di 300 mila famiglie e 1 milione di persone, vale a dire il 55 per cento delle persone che ci si era preposti di aiutare con il Rei”.
Una cifra, questa, destinata a salire di molto con l’allargamento della platea determinato dal già citato superamento delle limitazioni in base ai requisiti familiari e attuato a partire dal 1° luglio: entro la fine dell’anno le famiglie beneficiarie del ReI raggiungeranno secondo le stime quota 700 mila, corrispondenti a quasi due milioni e mezzo di persone che si trovano, in base ai parametri Istat, in condizioni di povertà estrema.
Secondo l’Istat però in Italia la povertà colpisce 1 milione e 800 mila famiglie, pari a 5 milioni circa di persone. Per questo la proposta di legge del PD punta a rafforzare ulteriormente il Reddito di Inclusione, sia incrementando il beneficio economico sia estendendo ancora la platea interessata per arrivare a raggiungere tutte le famiglie che si trovano in condizioni di povertà. E anche sostenendo attivamente l’occupabilità dei suoi beneficiari, rispettando quindi l’ispirazione e gli obiettivi con cui questo istituto è nato. Per rispondere a tutte queste finalità la proposta di legge prevede, in modo molto concreto e fattibile, un progressivo e significativo aumento delle risorse del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, con un incremento di ulteriore di tre miliardi di euro a decorrere dal 2019. Le risorse pubbliche destinate, a regime, a questa misura universale di contrasto alla povertà finirebbero così per essere raddoppiate.
In attesa di discutere la proposta di legge, è cominciata in Aula la discussione sulla la mozione 1/00009 del PD, a prima firma Elena Carnevali.
La mozione impegna il Governo:
1) a dare continuità all’applicazione del reddito di inclusione, potenziandone anziché minandone l’architettura stante la sua immediata praticabilità ed efficacia, nonché la dichiarata volontà di tutte le forze politiche, di contrastare la povertà e l’esclusione sociale;
2) a non disperdere e a non vanificare i risultati richiamati in premessa, sopprimendo una misura che funziona e introducendone un’altra che non è definita nei tempi, nei modi, nei costi, né tantomeno nelle coperture finanziarie;
3) ad assumere le iniziative di competenza per non interrompere ed anzi rafforzare il potenziamento dei servizi sociali territoriali, assicurando stanziamenti adeguati e non sottraendo parte delle risorse ai fondi europei messi a disposizione per tale fine;
4) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per potenziare, anche a tali fini, i centri per l’impiego e la rete nazionale delle politiche attive del lavoro, incrementandone la presenza, l’efficienza e la qualità dei servizi su tutto il territorio nazionale.