“È necessario agire affinché la tempesta perfetta che si sta abbattendo da tempo sulle RSA e sui servizi sociosanitari accreditati non si traduca nel loro ridimensionamento o in un incremento considerevole delle rette per i familiari. L’impatto dell’epidemia da Covid-19 sui loro bilanci ha avuto gravi ripercussioni, dovute alla riduzione degli accessi alle strutture e alle maggiori spese da sostenere. Inoltre, l’impatto degli aumenti dei costi energetici, che sono quasi triplicati, ha raggiunto livelli insostenibili.
Nel decreto Aiuti bis, che attende di essere convertito in questi giorni dal Senato e poi dalla Camera, contiene due misure. La prima concerne il livello del finanziamento corrente del SSN, con un incremento di 200 milioni di euro allo scopo di contribuire ai maggiori costi per gli enti del servizio sanitario nazionale; la seconda riguarda un miliardo di euro aggiuntivo che rimanda alle medesime finalità, comprendendo anche i maggiori oneri dovuti al Covid che rimangono da coprire. Per come sono scritte le norme sembra possibile prevedere l’utilizzo anche per gli enti accreditati del SSN come i servizi sociosanitari. Se così non fosse si renderebbe necessario l’ampliamento del suo utilizzo.
Sono 1,2 miliardi di euro che le regioni possono utilizzare appena il provvedimento sarà approvato e la Conferenza Stato-Regioni stabilirà il riparto alle singole regioni. Di sicuro non basteranno: è necessario prevedere un ulteriore stanziamento destinato esclusivamente alla rete dei servizi sociosanitari accreditati. Sarebbe inoltre utile sapere se Regione Lombardia ha utilizzato le risorse – oltre 600 milioni di euro – stanziate per l’emergenza Covid tra il 2020 ed il 2021, e come e per cosa sono state investite, al fine di comprendere se queste siano state usate a vantaggio dell’emergenza delle RSA.
Diverso è il tema della mancanza di personale medico. La richiesta di poter permettere agli specializzandi di “formarsi” anche nelle RSA, che possono assicurare qualità formativa e tutoraggio, ampliando la rete secondo standard assistenziali e formativi del Ministero dell’università e della ricerca (MUR), è più che lecita e giusta. Alcune convenzioni – troppo poche – sono già in atto ma i tempi di realizzazione sono troppo lunghi anche per le difficoltà delle sedi universitarie nel “cedere” medici in formazione specialistica. L’accesso programmato alla laurea triennale in infermieristica è stato ampliato a 17.997 posti a cui si aggiungono 264 posti per la branca di infermieristica pediatrica, ma il numero non sufficiente. Oltre alla valorizzazione delle professioni sanitarie e della formazione magistrale e manageriale servono stipendi più remunerativi e interventi prioritari per aumentare l’appeal della professione. L’Impegno a pagare di più i professionisti oltre all’abbattimento del tetto attuale della spesa del personale rimane per noi una priorità”. Così afferma l’onorevole Elena Carnevali.